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giovedì 15 ottobre 2009

DON RUA INCONTRA DON FELICE!!


CRONACA DELLA VISITA DI DON RUA
A SAN SEVERO
Redatta dal Servo di Dio don Felice Canelli
nel suo giornale
“ Il buon seme o l’Opera Salesiana a San Severo”
del 15 Aprile 1910

Ancor vivo è in molti il ricordo della visita fatta dal defunto Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana al nostro Oratorio, e ci è grato rievocarlo in questa circostanza. Reduce da un lungo viaggio attraverso la Spagna e la Sicilia per rendersi conto personalmente delle condizioni delle nuove case sorte in quelle vaste regioni, egli si fermò a San Severo il 17 Maggio 1906 in compagnia dell’Ispettore Don Scappini e di Don Barberis che faceva da segretario. L’accoglienza fu affettuosa ed entusiastica.
Lo stanzone, attualmente adibito a dormitorio per gli alunni del Convitto, serviva allora per il Teatro ed era gremito di un pubblico elettissimo: i Cooperatori e le Cooperatrici al completo, Monsignor Vescovo Merra con le autorità ecclesiastiche, le notabilità del Clero e del laicato ed uno stuolo rispettabile di Signore e Signori. Si rappresentava quel giorno il dramma in 3 atti- I tre martiri di Cesarea. Don Rua giunse alla fine del 2° atto verso le ore 19 col treno proveniente da Foggia.
Presso il portone d’ingresso avemmo la fortuna con il Direttore don Ermidoro Caramaschi di stringere e di baciare la mano di Don Rua e di inchinarci profondamente dinanzi a quell’uomo che era la reliquia vivente di don Bosco e nella sua profonda umiltà, rivelava la eroica grandezza della sua carità illuminata, spesa tutta a favore di tante giovani generazioni. Ci parve allora di trovarci alla presenza di un Santo che affrontava con entusiasmo le ultime fatiche e gli estremi sacrifizii per il compimento del suo sublime apostolato; il suo sorriso buono, largo, senza veli e senza infingimenti apriva il cuore alla più sincera confidenza: la sua parola tenera ed affettuosa rivelava tutte le soavità del suo amore paterno; il suo sguardo, dagli occhi sempre arrossiti, penetrava con una intuizione tutta particolare con un fascino singolarmente meraviglioso: ecco perché quell’esile persona, pur tanto umile, suscitava l’entusiasmo più sincero e frenetico.
Allorquando Don Rua apparve nella grande sala del teatro, fu un momento di commozione generale; tra gli applausi fragorosi, insistenti un grido solo echeggiò: “Viva Don Rua!”, grida di amore, di ammirazione e di benevolenza dimostrata verso la nostra Sansevero.
Monsignor Vescovo nell’abbracciarlo piangeva e i più vicini si strinsero per baciargli le mani, mentre gli altri sventolavano i fazzoletti. Molti avevan le lagrime agli occhi. Dopo il 3° atto ci fu una lotteria che fruttò circa duecento lire; indi l’arcidiacono la Monaca porse il saluto riverente dei Cooperatori e delle Cooperatrici e dei simpatizzanti per l’Opera salesiana ed in ultimo sorse a parlare Don Rua. Disse poche parole per ringraziare della dimostrazione di affetto ricevuta da tante buone persone e per incoraggiare a perseverare nel bene senza scoraggiamenti e senza debolezze.
La sua parola semplice e modesta scese nel cuore di tutti: da quel giorno i promotori dell’Opera si sentirono più animati a fare del bene, non ci furono diffidenze, si fecero generosi propositi e si iniziò un’era nuova di operosità salutare a vantaggio della gioventù nostra. Tanto poteva la parola di un Santo.
La mattina dopo celebrò la santa messa nella nostra cappella. L’ascetismo del pensiero e della vita si rivelò gagliardamente su quel volto dai lineamenti austeri. Ben si scrisse di Lui: “ Il suo ascetismo ricordava quello degli anacoreti; tanto era fatto di meditazione e di penetrazione del mistero completamente dentro il mistero della divinità. Quando era chiuso della preghiera, la fede in lui si faceva quasi una cosa sensibile, tanto era evidente, e tanto profumo di convinta umiltà adorante lasciava intorno a lui aleggiare (Momento N.96). E questo ascetismo noi potemmo ammirare durante la celebrazione del Santo Sacrifizio.
Poi nella sala attigua alla cappella parlò ai Cooperatori e alle Cooperatrici come un padre tra i suoi figli dando utili suggerimenti e confortanti consigli e promettendo tutto il suo appoggio e tutta la sua benevolenza. Ricordiamo ancora il sorriso con cui accompagnò tutte le sue parole quella mattina, lo sguardo carezzevole che posava su tutti noi che eravamo come avvinti dalla sua umile persona ed il grande godimento che procurò alle anime nostre in quella breve conversazione.
Quando partì, prima di lasciare l’Oratorio, gli chiedemmo la sua benedizione e ci trovammo inginocchiati ai suoi piedi. Egli sorridendo compì il nostro desiderio…Quella mano tremula e quel sorriso noi portiamo sempre nel nostro cuore e nei momenti di tristezza, vivamente ricordando, ci sentiamo confortati ed animati a seguire umilmente la linea luminosa tracciata dal suo geniale apostolato.
Don Felice Canelli

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