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domenica 12 ottobre 2008

Dissero di lui



Don Felice vent'anni dopo
Camillo Antonio Rago

ll corso di aggiornamento dell' U.C.I.I.M su " Didattica e storia locale" tenuto lo scorso novembre, ( con una mia relazione su " San Severo e la Capitanata post- unitaria: dalle società di mutuo soccorso alla nascita dei partiti"), e la coincidenza del ventennale della morte di Don Felice Canelli mi spingono ad alcune brevi annotazioni per ricordare l'antico maestro .
Può sembrare strano se non avventuroso, accostare la figura di Don Felice a quella di Don Lorenzo Milani, di cui pure quest'anno ricorre il trentesimo anniversario della morte.
Pure a me pare che per alcuni aspetti del carattere, ruvido con i superbi e dolcissimo con gli umili, intransigente in materia di fede, il modo di essere prete che portava ad una speciale predilezione per i più giovani e più deboli, la continua testimonianza in coerenza con la propria scelta di vita, molti che siano i punti di ricordo che si possono trovare tra il primo parroco di Croce Santa e il Priore di Barbiana.
Agli inizi degli anni trenta Don Felice viene mandato parroco appunto a Croce Santa, periferia estrema di San Severo, terra di frontiere per le battaglie che bisogna condurre giorno dopo giorno per testimoniare la presenza della chiesa tra gli abitanti del quartiere, per la maggior parte braccianti e operai cresciuti alla scuola della dottrina marxista e chiaramente ostili ad ogni forma di evangelizzazione.
Come Don Milani nel Mugello, Don Felice non si scoraggia più di tanto, anzi inizia la sua personale battaglia contro le varie forme di povertà e di degrado sociale, contro l'analfabetismo, facendo intendere soprattutto a noi ragazzi del popolo che l'istruzione era l'unico mezzo che avevamo a disposizione per migliorare la nostra condizione sociale.
Trascinatore instancabile nelle attività non solo di carattere religioso, ma anche scolastico ed assistenziale, rese la sua parrocchia una vera fucina di idee e di persone, il vero centro propulsore per la vita del quartiere, un punto di riferimento preciso per i sanseveresi.
Tutti, di qualunque estrazione sociale e di qualsiasi credo politico non privo non per lui una sorta di venerazione e comunque il massimo rispetto. E anche il suo giovanile impegno politico, (prima Murriano, poi popolare e guida spirituale per i veri democratici cristiani), è da inquadrarsi in quella visione di servizi di dono totale al prossimo che contraddistinse tutta la sua esperienza pastorale . Basta leggere alcuni stralci dei suoi diari per rendersi conto come tutta la sua vita sacerdotale sia stato un continuo immergersi “ nella esperienza multiforme, tumultuante della società” ( Diario 1976 ) con grande spirito di umiltà. Si circondò sempre di molti collaboratori sia laici che ecclesiastici, dalle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, che volle in parrocchia, don Angelo Mele, don Mario Lozupone, don Peppino Petruzzellis , don Luigi Tota, che prenderà al suo posto, da Emilia Testa a Santina Formato, ai responsabili dei vari movimenti, tanti che è impossibile elencare.
Non sovrastò mai nessuno con la sua vulcanica e prorompente personalità. Ebbe rispetto per le idee degli altri. Cosciente del suo carisma si limitava a guidare, dare consigli e sempre rispettosamente e puntualmente seguiti.
Chi della mia generazione non ricorda asilo infantile, il catechismo, il doposcuola, le gare di cultura religiosa, le colonie marine, la pratica del mese di novembre, il presepe vivente, i tanti giochi nel cortile e nei locali della Mario Chiri, gli spettacoli teatrali, i pacchi dono alle famiglie più bisognose e tante e tante altre iniziative in campo sociale ed assistenziale.....
Tanti ricordi della mia fanciulla e dell'adolescenza sono strettamente legati alla sua figura e la sua opera...
Queste nozioni non devono e non vogliono essere una sorta di agiografia. Don Felice non ha bisogno di questo come di iniziative formalmente esteriori, ma prive della forte carica di spiritualità che emanava dalla sua persona. Il nostro impegno, di quanti l'hanno conosciuto e sono cresciuti sotto la sua guida non solo spirituale, deve essere di continuare a testimoniare quei valori alla radice del suo magistero



Lo conobbi durante la Settimana Sociale della Gioventù Cattolica di Capitanata che si tenne qui a Troia nel lontano 1920 . Ero ragazzo. L'impressione che mi fece non si è cancellata più. Don Felice era un turbine. E il suo fisico asciutto e segaligno sembrava un concentrato di energie.
Quando prendeva la parola con quella sua voce acuta e penetrante, vibrava daccapo piedi come se i pensieri che esprimeva schizzassero da tutte le fibre della sua persona.
Possiamo definire don Felice " un figlio del tuono ". Anche i discepoli Giacomo e Giovanni furono chiamati con quel nome da Gesù.
Non erano due violenti, ma due appassionati. Giovanni infatti è passato alla storia come il discepolo dell'amore.
Mi pare che la caratteristica spirituale di Don Felice sia tutta qui. Ci sono modi e modi di vivere l'amore. Don Felice ha vissuto l’ amore appassionatamente.
Le sue scelte apostolica furono quelle che può dettare l’amore.
I poveri, i bisognosi di ogni genere, le lotte per la giustizia sociale, la libertà religiosa contro tutte le sopraffazioni e i settarismi che prosperavano violentemente nei primi decenni del secolo scorso in San Severo.
Con la collaborazione degli elementi - uomini e donne - da lui formati, non si è disinteressato in nessuna branca della vita cittadina: cominciando dalla scuola serale per operai e dall'associazione delle Dame di carità, ha pensato alla costituzione delle ACLI e del patronato ACLI, al Sindacato cristiano dei lavoratori e nello unità sindacale del primo dopoguerra, a cantieri di lavoro, coloni estive, assistenza invernale, alla costruzione al funzionamento dell'asilo infantile parrocchiale. Nel 1919 promosse l'organizzazione del partito popolare in un ambiente molto ostile - sostenendo una lunga e dura lotta che valsero a inviare al consiglio comunale una combattiva minoranza ed infine promosse l'organizzazione della Democrazia Cristiana, che ha fatto l'eccezione esperienze con elementi formatisi anche essi nel Circolo don Bosco(....)
La passione che animava l'attività di Don Felice si rivelava in una generosità che non conobbe limiti. Si direbbe che l'amore non gli facesse sentire il peso dei sacrifici che affrontava. Le sue giornate non si sa quando cominciavano e non finivano mai. Per lui animare una veglia eucaristica per tutta la notte, e poi tirare imperterrito fino all'altra notte nel confessionale, all'altare, al capezzale dei malati, nelle adunanze delle Dame di carità o dei catechisti e via dicendo, non c'era un evento eccezionale.
E a chi glielo faceva notare che egli esigeva troppo da se stesso, rispondeva, quasi scusandosi di questa singolarità, col darne......... la colpa alla buona provvidenza. "Il Signore ti dà tanta salute: come potrei non impiegare la tutta al suo servizio”?
Difatti aveva una salute di ferro. E’ campato quasi cento anni, e ha lavorato sodo fino all’ultimo.
Ma quella resistenza quasi inverosimile alla fatica non fu frutto soltanto di buona salute, ma anche di una disciplina interiore che gli faceva abbracciare ogni sacrificio senza neanche guardarlo in faccia.
Per questo il popolo di San Severo lo sentì donato a tutti in modo tale che ognuno lo considerò come persona di casa sua.

(Monsignor, Mario De Santis)
“Testimonianze”, a cura di don Mario Lozuppone,103-107

2 commenti:

Amedeo dTL ha detto...

che persona stupenda. Vorrei approfondire maggiormente la sua conoscenza.

Anonimo ha detto...

che bello vedere questo blog sempre + ricco di articoli sulla vita di don felice. Mi auguro che tutti nei propri campi di apostolato si ispirino alla figura di questo grande sacerdote. Giorgio